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La risposta del sindaco Rapetti alle accuse di Bosio

 
Acqui Terme. Dopo le gravissime accuse di Bernardino Bosio, pubblicate da L'Ancora in prima pagina, contro il sindaco in carica, Danilo Rapetti, la parola e la risposta proprio al primo cittadino, che così ribatte:
"Gentile Direttore,
le chiedo un poco di spazio per rispondere alla lettera di Bernardino Bosio, pubblicata sul Suo giornale lo scorso numero.
Per tutta la durata della campagna elettorale mi sono sempre astenuto dal fare commenti od anche solo allusioni alle vicende giudiziarie che lo riguardano, come ritengo giusto fare. Ma deve essere chiaro che non accetto né falsità né calunnie e mi trovo costretto oggi a replicare.
Alla base degli atti assunti dalla Giunta di costituirsi parte civile sta il fatto che le accuse che vengono mosse a Bosio sono di gravi reati contro la Pubblica Amministrazione (abuso d'ufficio e truffa aggravata) e che il Comune è stato individuato come persona offesa, quantificando danni per centinaia di milioni di lire. Ho ricordato io stesso come ogni cittadino nell'ordinamento giuridico italiano sia da considerarsi presunto innocente fino alla condanna definitiva.
Ma non avrei dovuto cautelare il Comune con la costituzione di parte civile, come fanno tutti gli Enti in situazioni simili? In queste vicende non devono valere i rapporti personali ma solo i ruoli, ed il patrimonio e l'interesse che si difende è quello di tutti. Ma forse Bosio si ritiene superiore al Tribunale, ritiene di non potere nemmeno essere accusato, ritiene che un Comune servo debba ciecamente chiudere gli occhi e non tutelare i propri diritti, in nome dei cittadini?
E poi lui lamenta di essere stato licenziato dalla Giunta nel 2005. Era direttore generale e gli arrivarono gli avvisi di garanzia: gli venne offerta da me la possibilità di autosospendersi fino al chiarimento della situazione. Ma rifiutò, anzi non fece più sapere niente, sparendo per qualche giorno: e che doveva fare la Giunta? Tenerlo nell'incarico a gestire uffici per i quali era indagato? E magari sempre con la giustificazione di essere lui superiore a tutto e a tutti? Saremmo stati i primi in Italia, di solito chi è in situazioni simili si fa almeno momentaneamente da parte, per rispetto. Ma soprattutto per umiltà. Inoltre, l'incarico di direttore generale è fiduciario e, quando la fiducia viene meno, l'incarico decade.
Evidentemente la lontananza dal potere deve avere sviluppato in Bosio la fantasia ed allora ecco che nella sua lettera si leggono affermazioni a dir poco incredibili. Primo, non mi sono mai accorto che lui mi abbia salvato dai Consiglieri di maggioranza che avrebbero voluto farmi cadere: se mai, ancora li ringrazio per la collaborazione ed il sostegno di questi cinque anni. Secondo: non ho mai chiamato datori di lavoro di suoi candidati affermando di odiarlo! Chi mi conosce sa che questi pensieri mi sono del tutto alieni e nemmeno li concepisco! Al massimo, mi è capitato di esprimere ad alcuni candidati in altre liste il rammarico di non averli in squadra con me, proprio per la stima che nutro per loro. Terzo: essendo il sindaco, sono stato certamente sentito come altri, funzionari e persone informate dei fatti, riguardo le indagini. Ma nessuna mia dichiarazione ha iniziato alcunché e non ho mai sollecitato o promosso azioni di alcun tipo.
Invece di raccontare in giro versioni di comodo e di fingersi vittima di oscuri complotti, Bosio dovrebbe cominciare a rendersi conto che ad avviare le indagini non sono state le parole di qualcun altro, ma forse i suoi comportamenti. E, come dice il proverbio, chi è causa del suo male, pianga se stesso".

 

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